Critica

"Tin Bota" è lo pseudonimo che ha scelto per promuovere il suo lavoro alla maniera di
cantanti, scrittori, musicisti che caratterizzano la loro identità attraverso termini inusuali, inaspettati per le motivazioni più disparate.

Nel caso di Maurizio Giri l'appellativo scelto per il suo mestiere di interprete visivo pone l'accento su una identità territoriale per quanto riguarda l'utilizzo della formula linguistica. Tin Bota è, infatti, una espressione dialettale romagnola che restituisce un invito dal risvolto significativo: significa non mollare, tieni duro. Qualcosa che diviene lo specchio in cui Maurizio riflette sentimenti, opinioni, riflessioni attraverso uno sguardo sulla contemporaneità intriso di cura ed empatia per le questioni sociali e politiche che investono la complessità del presente.

In principio realizza video che gli permettono di entrare nel mondo della comunicazione, della fotografia, della grafica per dedicarsi, poi, al macro progetto Tin bota. Ed allora succede che le domande e le riflessioni sul senso della vita, sulle ragioni degli accadimenti, sugli scenari possibili e sulle incognite del futuro si concretizzano in opere visive.
Per Maurizio Giri era giunta l'ora di archiviare il passato della sua attività professionale e riannodare il filo con l'esperienza creativa osservata e vissuta da bambino nel laboratorio ceramico di famiglia, trasformarla in autonomo atto creativo ed entrare in una nuova dimensione. Era tempo di raccontare ciò che lega il singolo all'umanità attraverso una composizione che si arricchisce via via di nuovi stimoli e lo fa guardandosi intorno, osservando la realtà e vivendo, nel contempo, la dimensione digitale che, inevitabilmente, investe noi tutti. "Non so se sono un artista", ci confessa Giri quando parla di sè per definirsi, poi, un comunicatore digitale, "una figura tra un grafico e un artista di strada che realizza opere da appendere", afferma con una punta di intelligente ironia.
Giri lavora assumendosi il compito di dialogare con la tecnologia e quindi di alimentare la proliferazione e la moltiplicazione dei canali di accesso alla conoscenza e alla informazione.
"Trovo una affinità del mio lavoro con l'arte di strada, mi riferisco ai murales, per quanto riguarda la tecnica, seppure la mia espressione presenti fasi di maggiori complessità, ed anche perché si tratta di arte fatta di verità, quindi autentica e senza filtri, provocatoria, e per quel che mi riguarda, un'arte concepita con un pizzico di ironia, sia per sdrammatizzare, sia come chiave moderna di lettura e di comunicazione".

Questo il punto di partenza verso il sentiero che conduce Giri alle sue creazioni partendo da immagini in digitale, dopo aver fissato l'idea dei contenuti da sviluppare. Trae ispirazione dalla lezione dei fumetti, dei cartoons, dei games e, attraverso la combinazione di immagini che hanno la stessa espressività dei motivi ispiratori, comincia a costruire storie. "Mi piace interrogarmi sulle cose, sulla società, sulla vita, sui fatti e sulle nostre contraddizioni. A volte utilizzo fotografie scattate da me, a volte immagini prese dalla rete che poi modifico, fino a quando la mia idea non si trasforma per arrivare ad una composizione che rispecchia la mia idea progettuale e prende corpo l'obiettivo prefissato".
Alla elaborazione di un progetto grafico che richiede moltissimo tempo, realizzato attraverso specifici software e trasferito in formato vettoriale, segue la concretizzazione su pellicole adesive che fungono da maschere, per la fase ultima di pittura con vernici a spruzzo su pannelli in PVC.

I colori squillanti, brillanti, il rosso, il giallo, il blu si alleano con il tratto nero che marca intensamente le figure. E nascono scene dal profondo significato che denotano una matura coscienza sociale, lavori caratterizzati da una personale modalità illustrativa cui Giri aggiunge parole, frasi per rafforzare il messaggio: "Ho cercato un modo diretto per stimolare una riflessione rispetto agli accadimenti del nostro presente. Attraverso la parola la mia idea visiva si completa, del resto amo scrivere, vorrei tanto realizzare un libro con i miei lavori da guardare e anche da leggere".

Soffermiamoci sulla composizione grafica di "Violenza celata". Un'opera con i caratteri di una fotografia che potremmo definire surrealista, se non fosse il risultato di una denuncia sociale che poggia su un reale drammatico. La scena restituisce le lacrime e l'espressione rassegnata di giovani donne di paesi mussulmani, come l'Afghanistan e il Pakistan, private della loro identità per obbedire a leggi che non rispettano i più elementari diritti umani. Assurde tradizioni per cui le bambine, nelle famiglie disonorate per non avere un figlio maschio, sono costrette a sostituire la presenza maschile comportandosi da uomo, col privilegio di poter studiare e lavorare, ma con la conseguente difficoltà nel tornare ad essere donne a comando nel momento della pubertà, senza aver imparato le regole della sottomissione. Come sfondo, cui si sovrappongono le immagini, un volto maschile ad interpretare il dominio, l'indiscusso potere assoluto dell'uomo. Di lato bambini che giocano, ma anche in questo caso l'immagine cela una ben più triste realtà, quella dello sfruttamento sessuale. In alto un aquilone, che ha il colore del sangue, delle guerre e della passione, porta la scritta Bacha Posh, ovvero vestita da ragazzo. Un piccolo aquilone rosa indossa solo il suo colore per divenire metafora di libertà.

Toccante l'opera Hostage che presenta un soldato con un bambino in braccio e un fucile in mano, di lato una culla vuota e la memoria va ai recenti e sconvolgenti fatti di cronaca. Tutto questo come se la guerra e la violenza fosse quella di un videogioco, per come siamo abituati a vederla attraverso gli schermi. Ed è allora che Giri offre la possibilità di scegliere la leva in modalità start o stop per proseguire o interrompere il "gioco" e lascia al genere umano, se ancora tale si può definire, la possibilità di scegliere tra il bene e il male. Senza rinunciare ad esprimere la sua posizione scrive "game over ", la partita è, comunque, persa.

Ogni tavola, così ci piace definirle, assolve un compito, consegna un messaggio quando nell'insieme tutto il lavoro di Giri si configura come una sequenza narrativa attraverso un fil rouge che è quello di un monito severo nei confronti della scelleratezza umana. Sono le sue osservazioni critiche a sottolineare valori e speranze per un nuovo rinascimento quando compaiono anche aloni di ironia come nel caso della "My ego app", una ipotetica applicazione che potrebbe essere in grado di identificare i caratteri della personalità. Una app che l'autore, qualora dovesse essere creata, dedicherebbe alle donne, nell'ottica di un riscatto che renda giustizia a violenze e sopraffazioni di cui sono da sempre vittime.

Attraverso il suo viaggio Giri racconta il modo con cui abitiamo, il mondo che si sposta su un piano della realtà virtuale non manifestandosi come una contrapposizione della realtà, ma configurandosi come una sua estensione che si sviluppa sul piano illusorio, necessario alla nostra esistenza. Nell'insieme il suo lavoro si configura come sostanza, filtro, sguardo partecipe di una ibridazione generatrice di visioni che scuotono e stimolano la riflessione attraverso la combinazione di tecnologia e abilità personali. Ed è allora che la sfera del digitale rivista attraverso un approccio fenomenologico, può essere considerata come una seconda pelle, un secondo e ibrido involucro che ci riveste. Nell'adattarsi al mondo l'essere umano interviene sull'ambiente, lo manipola e lo conduce all'integrazione con ambienti virtuali-digitali. Inevitabile, quindi, cambiar pelle per integrarsi a un ambiente ibrido verso un sistema d'integrazione all'ambiente.

Maurizio Giri interprete della finzione - verità, è realista visionario che integra la dimensione digitale e il mondo virtuale per tradurre in opere visive la sua riflessione. Così la definizione di "artista ibrido", che fa di se stesso, ci appare adeguata.

Cecilia Casadei Agosto 2024.

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SURREALMENTE REALE
: il mondo di Maurizio Giri
(di Elisabetta La Rosa)

Eclettico, ironico, surreale, autentico, questi sono gli aggettivi caratterizzanti la poetica artistica di Maurizio Giri, artista contemporaneo che si distingue per l'immediatezza della sua arte, non solo per ciò che concerne la valenza figurativa-descrittiva, ma anche per il messaggio che si cela nelle sue opere.
Sappiamo che Giri definisce la sua espressione artistica come "descrittiva" e "diretta in quanto nelle sue opere oltre alla valenza figurativa e cromatica inserisce anche testi e citazioni, richiamando le tipiche esclamazioni dei fumetti al fine di rendere immediato il suo concept artistico traslitterando l'idea in materia pittorica.
Immergendoci nel tessuto emozionale delle sue opere è possibile notare come queste siano frutto di un'attenta analisi sociale, l'artista sviscera le menti umane, estrapola quei frammenti che hanno caratterizzato la storia dell'essere umano, quelle problematiche sociali che tutt'oggi viviamo, usando un linguaggio a tratti ironico ma al contempo severo volendo immergere l'osservatore nella "cruda realtà".
Entrando nel vivo dei tecnicismi delle opere d'arte, Giri realizza le sue composizioni dapprima in digitale per poi renderle materia viva mediante l'uso di pellicole e vernici a spruzzo su pannelli in PVC.
Intense sono le poetiche celate nelle sue opere, raccontando le problematiche del mondo e della società Maurizio invita il fruitore ad un'intima riflessione, un dialogo con il proprio Io, un ponte fra mente e spirito, indagando sul progresso/ regresso, sulle problematiche sociali e civili come la guerra (tematica costante), la libertà culturale, di pensiero, la condizione della donna, la natura che spesso - nelle sue opere - si ribella all'essere umano.
La scala cromatica si tinge di colori accesi (troviamo spesso il nero e il bianco accompagnati da un altro colore) sottolinea ancor più intensamente l'immediatezza del messaggio che Giri vuol donare al suo lettore e proprio come un libro ogni opera corrisponde ad una pagina della storia umana, ogni opera affronta le diverse sfaccettature di una problematica sociale.
In ultimo la scelta di inserire citazioni e aforismi vuol marcare la valenza ironica del pensiero dell'artista, come possiamo ad esempio constatare nell'opera "Cogito ergo sum" celebre aforisma del filosofo Cartesio, che Giri accompagna con l'inserimento della scritta sull'opera e con l'aggiunta di "un coglione", invitando il lettore - con sarcasmo e ironia - ad una riflessione nei confronti della natura, spesso maltrattata dall'essere umano che in realtà è lui "l'ospite" della madre terra.
La società è sotto esame per l'artista, agli "animali sociali" egli si ispira raggiungendo l'apice con l'opera "La libertà comincia dall'ironia" richiamando una celebre affermazione di Victor Hugo che Giri fa sua al fine di esorcizzare le negatività di una società povera nell'anima.
L'artista fornisce spunti interessanti per il suo lettore, riflessioni intense, immagini forti volte a spronare un'intima riflessione sul proprio "Io".

Dott.ssa Elisabetta La Rosa
Storico dell'arte